ROMA – Poteva dichiararsi incompetente la Corte Costituzionale, poteva giuridicamente affermare che non spetta ad una Corte di giudici, sia pure Costituzionale, stabilire le regole con cui un paese vota ed elegge la sua rappresentanza politica. Poteva, ma evidentemente ha temuto, così avesse fatto, di accodarsi all’inerzia mortifera di un paese che non decide mai e sceglie nulla. Quindi ha voluto far meglio, di più.
Poteva la Corte Costituzionale dichiarare incostituzionale la legge elettorale vigente, il cosiddetto Porcellum, quello inventato e votato da Berlusconi-Calderoli-Fini per impedire che Prodi probabile vincente alle elezioni che stavano arivvando potesse governare con una maggioranza di seggi sia al Senato sia alla Camera.
Era una legge imbroglio, una legge trappola, la legge di chi avvelena i pozzi senza neanche pensare che poi a quei pozzi in giorno dovrà bere anche lui.Per questo Calderoli che l’aveva scritta orgogliosamente la rivendicò come una “porcata”. Una porcheria andata a buon fine. La Corte Costituzionale poteva dichiarala incostituzionale e quindi rimandare il paese alla legge elettorale che c’era prima: un mix di 75% di maggioritario nei collegi e 25% di proporzionale di lista. L’Italia aveva già votato con questo sistema detto Mattarellum, non ci sarebbe stato alcuno choc o vuoto legislativo o impossibilità di tornare alle urne.
Poteva fare questo la Corte Costituzionale ma non lo ha fatto. Ha temuto che, avesse scelto questa strada, si sarebbe esposta all’accusa di una scelta politica, la scelta di una legge elettorale invece di un’altra. Quindi ha voluto far meglio, ha voluto far meno.
Il risultato di tante buone intenzioni e cautele e prudenze e giurisprudenziale arguzie è che la Corte Costituzionale ha dato una mano al peggio. Il risultato immediato della sua sentenza è tripartito in tre guai. Guai che la Consulta crea ex novo oppure aggrava.
Primo guaio: la legge elettorale vigente, amputata dalla Consulta del premio di maggioranza, si trasforma in una legge di proporzionale puro. Cioè si si vota oggi più o meno il 25 per cento dei parlamentari a Grillo, il 29/30 per cento al Pd, il 20 per cento dei parlamentari a Berlusconi, il 5% ad Alfano, il 3% a Vendola, il 2% a Fratelli d’Italia, il 2 a Storace, il 4 alla Lega e via di percentuali e sigle. Una marmellata parlamentare da cui non è ce non esce una maggioranza per governare. Esce e si squaglia un attimo dopo. Poi si riforma. Poi si risquaglia. Proprio quel che serve.
Secondo guaio: stante così le cose, stante che se si va a votare oggi o domani si vota con il proporzionale purissimo, non si può votare prima di dopodomani o anche doman l’altro. Non si può votare fino a che il Parlamento non abbia fatto altra legge elettorale. Tradotto: da oggi vige in Italia una sorta di vietato votare. Che durerà, minaccia di durare a lungo perché tenuto in piedi da tutte le ragioni della “stabilità” e anche da tutte le nomenklature già elette e insediate e anche da tutti i partiti piccoli, da Vendola ad Alfano, e anche dai proporzionalisti pro “larghe intese” oggi, domani e magari anche dopo.
A questo vietato votare il governo Letta si aggrappa e si appoggia. Il terzo guaio è che non è che si aggrappa, è che si impicca. Il terzo guaio è un governo mummificato. Mummificato nell’attesa messianica del semestre italiano di presidenza europea. Quello che comincia il primo luglio 2014, quello che Napolitano considera un Avvento, quello che dovrebbe far cambiare idea e soprattutto azione alla Merkel e all’intera Europa, quello che dovrebbe garantire all’Italia l’aiuto per uscire dalla crisi senza cambiare se stessa.
Mummificato nell’attesa di una spending review , revisione della spesa pubblica da 30/40 miliardi che se si fa davvero troverà sulle barricate l’intero paese o quasi.
Mummificato nell’attesa che la spending review che semina rivolta finanzi l’abbassamento delle tasse che dovrebbe portate consenso.
Mummificato mentre fuori e intorno al sarcofago Grillo e Berlusconi lavorano di piccone, monta il sogno del protezionismo economico (Coldiretti è solo un esempio), il paese si deindustrializza per colpa sua ma ne dà la colpa all’euro e alla globalizzazione.
Mummificato mentre la magistratura, le magistrature, decidono dell’Ilva, del metodo Stamina, del come si vota, ormai di ogni cosa di questo paese.
Mummificato mentre ogni decisione di e in questo paese è sempre impugnabile e revocabile.
Eccolo il terzo guaio, il più grosso di tutti: un governo infasciato e imbalsamato, costretto dalla sua stessa condizione a muoversi poco e niente, al massimo un rotolarsi sul fianco, un governo così confuso con un governo di grande coalizione nazionale, con un governo di quelli con dentro tutti quelli che contano per poter prendere decisioni che cambiano i connotati al paese. Il grande guaio è far finta di volerli cambiare i connotati al paese, quindi darsi un governo coerente, un governo che fa finta e impiccarlo, appenderlo, aggrapparlo a un vietato votare non si sa quanto casuale e accidentale.
Post scriptum: poiché i guai non vengono mai da soli e al peggio non c’è mai fine, ecco all’opera i pagliacci del “Parlamento illegittimo”. Sì, proprio loro, quelli di M5S. Parlamento illegittimo: come dichiarare illegittimi i matrimoni celebrati da un sindaco decaduto e illegittimi i figli di quel matrimonio. Ma se questo argomento appare troppo sottile ai costituzionalisti a cinque stelle e a un tanto al chilo, allora eccone un altro che forse percepiranno al volo. Se i deputati e senatori eletti a febbraio sono illegittimi, illegittimi sono anche gli eletti di M5S. Quindi a che titolo parlano, chi rappresentano se la rappresentanza è illegittima come loro gridano? Si mettessero d’accordo con se stessi, per un grillino doc e al mille per mille l’impresa più ardua.
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